IL GIUDICE DI PACE Nel procedimento penale conto Wanc Janqing, nato in Cina ed ivi residente, in Italia senza fissa dimora. Premesso che a seguito di citazione a giudizio con contestuale presentazione immediata della Procura della Repubblica di Teramo del 28 settembre 2009 l'imputato Wang Jianqing, veniva tratto in giudizio per rispondere avanti a questo giudicante del reato di cui all'art. 10-bis decreto legislativo 25 luglio 1998 n. 286 (in relazione agli artt. 4 e 5 del medesimo testo unico); che all'udienza del 5 ottobre 2009, il giudice di pace in aderenza alla rilevata questione di illegittimita' costituzionale dell'art. 10-bis del citato decreto legislativo n. 286/1998, sollevata dalla Procura della Repubblica di Teramo, a firma del dott. David Mancini, emetteva propria ordinanza, prendendo atto delle osservazioni in essa istanza contenute e previa sospensione del procedimento, rimetteva a codesta Corte per i provvedimenti successivi e consequenziali; che con nota del 30 ottobre 2009, prot. 96/c, la Corte costituzionale, disponeva la restituzione del fascicolo del procedimento a questo giudicante, per mancanza di elementi che consentivano di ricondurre il documento stesso al paradigma del provvedimento di cui all'art. 23 della legge n. 87/1953; che necessita pertanto, ritornare alla propria ordinanza dibattimentale, i cui termini ed i motivi anche se non riportati, sono stati sufficientemente esposti in dibattimento, e che comunque per aderire all'invito di codesta suprema Corte e nel rispetto dell'art. 23 della citata legge n. 87/53, vengono di seguito partecipate «Adeguate motivazioni»; La legge n. 94 del 2009, all'art. 1, comma 16, ha introdotto una nuova fattispecie incriminatrice penale, costituita dal reato di ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello Stato, punendo con la pena dell'ammenda da € 5000 a 10.000, lo straniero che fa ingresso, ovvero si trattiene nel territorio dello Stato. Pertanto, la condotta sanzionatoria si riferisce all'ingresso o al trattenimento illegale nel territorio italiano di qualsiasi cittadino extracomunitario. Vengono rilevati a tal proposito, due aspetti rilevanti, a riguardo alla legittimita' costituzionale della norma, tanto da far ritenere la questione non manifestatamente infondata. Il riferimento di contrasto con l'art. 117, primo comma e 15 Cost. e alla Convenzione ONU sulla criminalita' organizzata, ratificata dall'Italia ed attuata con l'art. 2 della legge n. 146/2006, sancisce senza mezzi termini che imigranti non devono essere sottoposti a procedimento penale per il fatto di essere stati l'oggetto di condotta riconducibili all'art. 6 del medesimo protocollo, al riguardo, il migrante non puo' essere criminalizzato per il suo ingresso irregolare in uno stato, restando salve tutte le altre ipotesi di incriminazione per fatti diversi (ad esempio, possesso di documenti falsi, per compimento di altre attivita' illecite). E' notorio che i migranti irregolari non arrivino in Italia con propri mezzi ed in piena autonomia, bensi' utilizzando il contributo materiale e finanziario di reti e organizzazioni che favoriscono l'immigrazione irregolare. Ed e' proprio questo il senso della norma internazionale: Ritiene la Comunita' Internazionale che non sia giusto e soprattutto utile punire penalmente il migrante irregolare, essendo egli oggetto di organizzazioni criminali transnazionali; In sostanza, l'art. 5 del protocollo nega la possibilita' per gli Stati di prevedere norme penali volte a sanzionare i migranti irregolari, quali meri beneficiari dei servizi di trasporto illeciti offerti dalle organizzazioni criminali, che devono costituire il vero obiettivo della risposta repressiva. Si ritiene a aprere di questo giudicante che l'art. 10-bis del Testo unico sull'immigrazione e' del tutto contrastante con le norme degli artt. 5 e 6 del protocollo addizionale alla Convenzione di Palermo, ponendosi in aperta antitesi, sia con riferimento alla ratio ed al principi ispiratori delle norme, sia con riguardo alle concrete conseguenze giuridiche in termini di contrasto al crimine organizzato. Non pare allo scrivente che sia possibile alcuna interpretazione conforme e pertanto l'illegittimita' costituzionale dell'art. 10-bis decreto legislativo n. 286/1998, come modificato dall'art. 1, comma 16 della legge n. 94/2009 con diretto riferimento agli artt. 117, primo comma e 25 Cost. appare insuperabile. Altro profilo di illegittimita' costituzionale dell'art. 10-bis, si pone con riferimento agli artt. 2, 25 e 27 Cost. Non pare a parere di questo giudicante che le condotte incriminate siano offensive di alcun bene giuridico. Il principio di necessaria offensivita' del diritto penale costituisce un limite alla discrezionalita' del legislatore e si puo' a ragione sostenere che costituisca altresi' un principio di rilievo costituzionale in materia penale. Ne consegue che non e' consentito al legislatore introdurre sanzioni penali non collegate a condotte lesive di interessi giuridicamente rilevanti, in ordine ai quali non sia possibile effettuare alcun giudizio di disvalore. Nella specie, va rilevato che le condotte di nuova incriminazione non comportano alcuna lesione del bene giuridico della sicurezza pubblica. La violazione delle norme sull'ingresso o sulla permanenza nel territorio dello Stato non determina automaticamente alcun rilievo in ordine alla pericolosita' sociale di tali condotte. In altri termini l'ingresso o la permanenza illegale del singolo straniero non rappresentano, di per se', fatti lesivi di beni meritevoli di tutela pena le, ma sono l'espressione di una condizione individuale, la condizione di migrante: la relativa incriminazione, pertanto, assume un connotato discriminatorio basato su condizioni soggettive contrastante non solo con il principio di eguaglianza, ma con la fondamentale garanzia costituzionale in materia penale, in base alla quale si puo' essere punito solo per fatti materiali e non gia' per condizioni personali.